A cura di Alessandra Ortolan – anno 1997
Non cercate nei quadri di Domenico Scolaro l’immediatezza. Le sue pere sono frutto di un intenso e attento lavoro interiore, che porta a rendere concreto sulla tela quel vago senso di malinconia che quest’artista vicentino coglie dentro di sé e dentro la quotidianità che deve diventare trampolino di lancio per un viaggio oltre essa. Viaggio che Scolaro affida a quell’occhio che è simbolo quasi costante della sua pittura che ha oggi come soggetto preferito la donna, madre e bambina, compagna e protagonista insieme, che sta sempre al di là di una finestra, perdendo il suo volto in uno sguardo che trascina l’osservatore in un volo spirituale che lo riconcilia con sè stesso e lo porta oltre la fisicità delle cose. L’arte di Scolaro è comandata dallo spirito. E’ lo spirito che porta assieme colori impensabili e simboli, che spingono il pittore ad abbandonare il volto, troppo legato alla “materialità” e a quell’uomo comune che non sa guardare oltre se stesso, chiuso com’è nella sua casa da cui non traspira la tensione verso Dio.
Non pensate nemmeno di cogliere il senso profondo dei quadri di Scolaro, nè di vedere disegni piacevoli. Al primo sguardo vi sembreranno cupi, pieni d’inquietudine e di solitudine. Troppo astratti e troppo reali allo stesso tempo. Troppo geometrici e troppo spirituali insieme. Ma osservateli bene e con pazienza. Li troverete “vivi”. Resterete rapiti da quell’occhio che vi trascinerà nel suo viaggio interiore, nel sogno oltre la realtà e da quelle donne che Scolaro definisce “delfiche”. E non cercate tecnica. I suoi quadri sono essenzialmente gestualità.
In venticinque anni di pittura Scolaro ha ritrovato sè stesso, riuscendo a creare opere inimitabili, che mantengono i segni di quelli che furono in qualche modo i suoi maestri, i grandi dell’arte contemporanea da Picasso a Modigliani a Van Gogh, ma che stanno lasciando spazio ancora una volta ad uno sviluppo che conduce ad una pittura autonoma e personale.
1997 Alessandra Ortolan