A cura del critico d’arte Boris Brollo – maggio 2021
DOMENICO SCOLARO e il senso della Storia
Da qualche mese mi son potuto rendere conto del lavoro di Domenico Scolaro avendolo invitato a tre mostre da me organizzate: una sulla scultura in piazza a Portogruaro Parcours II; l’altra alla Fondazione De Claricini Dornpacher di Moimacco (UD) su Dante fra Luci e Ombre; infine Intra Moenia (Dentro le Mura) all’isola di San Servolo in Venezia. In tutte queste mostre egli ha presentato delle opere articolate e complesse nel senso di installazione. Il suo operare si è mosso in senso largo di una storia che racconta e dove era pure richiesta la partecipazione del pubblico, pertanto possiamo parlare, in termine lato, di una scultura sociale. Oggi sappiamo che l’opera si completa sotto lo sguardo del prossimo, cioè del visitatore, e quindi la interattività che scatta fra oggetto (opera) e soggetto (pubblico) non si possono dividere in quanto entrambi sono agenti, sia in passivo che in attivo, e che interagiscono all’unisono. Questo suo operare dà indicazioni sull’esistenza dell’umano ed ecco apparire nelle sue steli, o, nei suoi quadri/scultura delle lettere alfabetiche in aggetto che potrebbero combinarsi in letture personali a seconda di chi osserva. Un po’come nel quadrato magico del Sator dove ottieni il medesimo risultato sia che tu legga da destra, come da sinistra, dall’alto come in basso. Questa modalità del coinvolgere lo spettatore nella storia della installazione scultorea è il suo scolpire la storia con un senso che gli viene dalla memoria di altri alfabeti non necessariamente comprensibili, ma che solo lo sguardo di ognuno può ricomporre nel cercare di dare un senso a ciò che vede. Ma che può anche non averne obbligatoriamente, presentandosi quindi come elemento scultoreo simbolico subliminale.
Boris Brollo