Leo Strozzeri – 2021

A cura del critico d’arte Leo Strozzieri – Pescara, 13 marzo 2021

Domenico Scolaro: la coralità dantesca della Commedia.

Dirimpetto alla Villa de Claricini Dornpacher situata alle porte di Cividale del Friuli, città carica, ma diremmo ebbra di storia, in occasione del VII centenario della morte di Dante, al fruitore di questa mostra commemorativa   è dato uscire dal recinto del presente e proiettarsi verso l’oltre, verso l’eternità prefigurata dal termine “Stelle” con cui si chiudono le tre cantiche del poema.. E questa struggente suggestione di silenzioso lirismo , ma altresì di incantevole bellezza, è frutto  di un varco aperto verso l’infinito dall’installazione di Domenico Scolaro,  scultore tra le voci più autorevoli della ricerca plastica del nostro paese, il cui avvincente sortilegio nel tempo sappiamo essersi  nutrito di volta in volta delle più disparate avventure linguistiche della contemporaneità, quali la Transavanguardia, la Pop Art, l’arte povera, la poesia visiva, l’Art autre così come per la scultura la grande lezione di Giacometti, per citare alcune ascendenze lessicali  che però mai hanno  operato in lui una stringente coercizione alla sua variegata ricchezza creativa. La lunga militanza nel perimetro della ricerca artistica iniziata all’età di 17 anni trova un vertice di inusitato lirismo in questa installazione a tema dantesco dal titolo “Attraverso Dante” ove, al di là della ricostruzione erudita e storica della Commedia, l’autore riesce a cogliere il fascino poetico ed intellettuale della coralità dei personaggi incontrati dal divino pellegrino. Certo, la Commedia va ricordata soprattutto per alcuni immortali e storici   personaggi con interi canti a loro dedicati che si stagliano nella loro eroica individualità: si pensi a Farinata, a Paolo e Francesca, al Conte Ugolino, ed ancora, per citare quelli sui quali il maestro Scolaro ha  espressamente riposto una particolare attenzione, i papi Niccolò III, Celestino V (secondo la critica più autorevole il pontefice che fece per viltade il gran rifiuto), Bonifacio VIII, il poeta sulmontino Ovidio, autore delle Metamorfosi, opera al cui repertorio mitografico  Dante  attinge a piene mani, ed infine  il mecenate veronese Cangrante della Scala che diede ospitalità all’exul immeritus,  ricevendone in cambio il privilegio della  dedica della terza cantica del poema. Ad essi, ed ovviamente a Beatrice e Virgilio, Scolaro riserva una particolare citazione con elegantissimi lavori bronzei ed apposite targhette sulla base in marmo. Ma non va sottaciuto il fatto che nel suo itinerario il poeta spesso incontra anime che sono indotte a muoversi all’unisono, come ad esempio quando i pellegrini sono estasiati dall’esecuzione dei canti liturgici nella seconda cantica ed ancor più dai cori angelici nel canto XXVIII del Paradiso.  Va rilevato come l’autore esibisca anche, sempre leggendo questa mirabile installazione, una notevole competenza teologica, dal momento che i vari membri di queste assemblee corali vengono per così dire scarnificati della loro consistenza carnale, terrestre, divenendo nei primi due regni dell’oltretomba quasi ombre platoniche con una loro opaca vita terrena ormai alle spalle, mentre nel regno della beatitudine sono assimilati alla fonte di luce che è Dio. Scolaro è mirabilmente riuscito a cogliere questo snodo poetico comunitario lasciato per lo più in ombra dalle varie esegesi investigative del poema. La geniale intuizione del maestro serve a ripristinare un giusto equilibrio tra individualismo e collettività.

Leo Strozzieri

Pescara, 13 marzo 2021